Salute e benessere

Alzheimer e prevenzione: un'analisi del sangue 'rivoluzionaria' può prevedere chi svilupperà la malattia

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17 Ottobre 2024
In uno studio pubblicato lunedì 30 novembre sulla rivista scientifica Nature Aging, il dottor Oskar Hansson dell'Università di Lund in Svezia, insieme al suo team di ricercatori, ha descritto come ha sviluppato e convalidato modelli di rischio individuale basati sui livelli di due proteine chiave in campioni di sangue prelevati da più di 550 pazienti con disturbi cognitivi minori. Questi modelli possono prevedere quanto un individuo sia a rischio di declino cognitivo e la successiva transizione al morbo di Alzheimer.

Come è noto, la patologia neurodegenerativa dell'Alzheimer sembra derivare dall'accumulo di proteine nel cervello che possono portare alla morte dei neuroni. Hansson ha dimostrato che alcune di queste proteine - la tau e la beta amiloide - sono rintracciabili nel sangue dei pazienti e test basati sulle loro concentrazioni possono essere utilizzati per diagnosticare la malattia.
I risultati sono stupefacenti: Il modello basato su queste due proteine ha avuto una percentuale di successo dell'88% nel predire l'insorgenza dell'Alzheimer nei pazienti nel corso di quattro anni.

Nonostante gli scienziati puntualizzino che sono necessari ulteriori dati e ricerche, il loro metodo di previsione potrebbe avere un impatto significativo sui casi di Alzheimer, dato che i "biomarcatori plasmatici" degli esami del sangue sono "promettenti a causa della loro alta accessibilità e basso costo".
Richard Oakley, a capo del team di ricerca presso l'Alzheimer's Society, ha affermato che la sfida principale nella lotta contro la malattia è quella della diagnosi precoce dei casi, in modo da intervenire con trattamenti sperimentali. "Se questi biomarcatori del sangue possono predire l'Alzheimer in gruppi più grandi e diversificati, potremmo assistere a una rivoluzione nel modo in cui testiamo nuovi farmaci per l'Alzheimer", ha detto Oakley.

Anche il professor Masud Husain, neurologo dell'Università di Oxford, ha descritto la ricerca come "un potenziale punto di svolta" per scienziati e professionisti della salute. "Per la prima volta, abbiamo un esame del sangue in grado di prevedere bene il rischio di un successivo sviluppo del morbo di Alzheimer nelle persone che hanno sintomi cognitivi lievi". Il professor Husain ha aggiunto: "Abbiamo bisogno di ulteriori convalide, ma nel contesto di altre recenti scoperte questo potrebbe essere un passo di trasformazione verso una diagnosi precoce, così come testare nuovi trattamenti nelle prime fasi della malattia".
In uno studio pubblicato lunedì 30 novembre sulla rivista scientifica Nature Aging, il dottor Oskar Hansson dell'Università di Lund in Svezia, insieme al suo team di ricercatori, ha descritto come ha sviluppato e convalidato modelli di rischio individuale basati sui livelli di due proteine chiave in campioni di sangue prelevati da più di 550 pazienti con disturbi cognitivi minori. Questi modelli possono prevedere quanto un individuo sia a rischio di declino cognitivo e la successiva transizione al morbo di Alzheimer.

Come è noto, la patologia neurodegenerativa dell'Alzheimer sembra derivare dall'accumulo di proteine nel cervello che possono portare alla morte dei neuroni. Hansson ha dimostrato che alcune di queste proteine - la tau e la beta amiloide - sono rintracciabili nel sangue dei pazienti e test basati sulle loro concentrazioni possono essere utilizzati per diagnosticare la malattia.
I risultati sono stupefacenti: Il modello basato su queste due proteine ha avuto una percentuale di successo dell'88% nel predire l'insorgenza dell'Alzheimer nei pazienti nel corso di quattro anni.

Nonostante gli scienziati puntualizzino che sono necessari ulteriori dati e ricerche, il loro metodo di previsione potrebbe avere un impatto significativo sui casi di Alzheimer, dato che i "biomarcatori plasmatici" degli esami del sangue sono "promettenti a causa della loro alta accessibilità e basso costo".
Richard Oakley, a capo del team di ricerca presso l'Alzheimer's Society, ha affermato che la sfida principale nella lotta contro la malattia è quella della diagnosi precoce dei casi, in modo da intervenire con trattamenti sperimentali. "Se questi biomarcatori del sangue possono predire l'Alzheimer in gruppi più grandi e diversificati, potremmo assistere a una rivoluzione nel modo in cui testiamo nuovi farmaci per l'Alzheimer", ha detto Oakley.

Anche il professor Masud Husain, neurologo dell'Università di Oxford, ha descritto la ricerca come "un potenziale punto di svolta" per scienziati e professionisti della salute. "Per la prima volta, abbiamo un esame del sangue in grado di prevedere bene il rischio di un successivo sviluppo del morbo di Alzheimer nelle persone che hanno sintomi cognitivi lievi". Il professor Husain ha aggiunto: "Abbiamo bisogno di ulteriori convalide, ma nel contesto di altre recenti scoperte questo potrebbe essere un passo di trasformazione verso una diagnosi precoce, così come testare nuovi trattamenti nelle prime fasi della malattia".

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