Costume e Società

Anziani e Caregiver: la vera emergenza è l'isolamento e l'assenza di una rete sociale

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15 Ottobre 2024
Secondo i dati Istat 2018, il 13% della popolazione italiana vive solo, e questa condizione si fa tanto più dolorosa quando si tratta di una persona anziana, che non può rivolgersi a  nessuno quando ha bisogno di un aiuto nella vita pratica o di un sostegno per affrontare il dolore e l’angoscia. Il quotidiano Avvenire ha pubblicato su questo tema un articolo a cura di Marco Trabucchi, Presidente di AIP (Associazione Italiana di Psicogeriatria), che fornisce una serie di riflessioni molto interessanti sull’impatto della solitudine sulla nostra società.
Analizzando i dati secondo le diverse fasce di età, si calcola infatti che il 38% degli anziani over 75 vive in condizione di solitudine e fra questi circa il 40% è privo di amici o familiari a cui fare riferimento in caso di bisogno. Sono numeri che spingono a parlare di una vera e propria emergenza e, sfortunatamente, non si tratta di un fenomeno ristretto al nostro paese, tanto che già da qualche anno i governi di alcuni Stati, come il Regno Unito, stanno attivando delle strategie di intervento sia attraverso campagne di sensibilizzazione sul tema, sia attraverso  provvedimenti concreti, come il finanziamento alle associazioni che operano per contrastare la solitudine di specifici gruppi sociali.
Un altro importante dato emerso è che anche i caregiver - cioè coloro che assistono un familiare non autosufficiente - si ritrovano spesso faccia a faccia con la solitudine, poiché l’impegno e il tempo dedicato alla cura dei propri cari fa sì che le occasioni di incontro con amici e familiari diventino sempre più rarefatte. Nel nostro paese si calcola che circa un terzo delle coppie caregiver-malato si trovi in condizione di isolamento e non sappia a chi rivolgersi in caso di necessità. In una società come la nostra, in cui le relazioni sociali tendono a indebolirsi, l’emergenza solitudine non sembra quindi un fenomeno in grado di autoregolarsi, ma al contrario pare diffondersi, costituendo un’ostacolo alla creazione di una rete di solidarietà. Ed è per questa ragione che un rapido intervento da parte dei governi si rende sempre più urgente.
La riflessione si estende anche al mondo dei servizi sociali e dell’assistenza. Non sempre infatti nei luoghi di assistenza, come case di riposo ed RSA, gli anziani possono affrontare la malattia e i relativi percorsi terapeutici in un ambiente caratterizzato da calore umano e vicinanza emotiva, ma affrontano il proprio dolore in totale solitudine. In questo senso il progresso tecnologico applicato al servizio sanitario potrebbe rappresentare una nuova sfida. Se da un lato alcuni sono convinti che il paziente si troverà sempre più spesso solo di fronte alla macchina, dall’altro c’è chi ritiene gli operatori saranno più liberi da compiti tecnici e potranno dedicare più tempo ad alleviare la solitudine dell’assistito.

Secondo i dati Istat 2018, il 13% della popolazione italiana vive solo, e questa condizione si fa tanto più dolorosa quando si tratta di una persona anziana, che non può rivolgersi a  nessuno quando ha bisogno di un aiuto nella vita pratica o di un sostegno per affrontare il dolore e l’angoscia. Il quotidiano Avvenire ha pubblicato su questo tema un articolo a cura di Marco Trabucchi, Presidente di AIP (Associazione Italiana di Psicogeriatria), che fornisce una serie di riflessioni molto interessanti sull’impatto della solitudine sulla nostra società.
Analizzando i dati secondo le diverse fasce di età, si calcola infatti che il 38% degli anziani over 75 vive in condizione di solitudine e fra questi circa il 40% è privo di amici o familiari a cui fare riferimento in caso di bisogno. Sono numeri che spingono a parlare di una vera e propria emergenza e, sfortunatamente, non si tratta di un fenomeno ristretto al nostro paese, tanto che già da qualche anno i governi di alcuni Stati, come il Regno Unito, stanno attivando delle strategie di intervento sia attraverso campagne di sensibilizzazione sul tema, sia attraverso  provvedimenti concreti, come il finanziamento alle associazioni che operano per contrastare la solitudine di specifici gruppi sociali.
Un altro importante dato emerso è che anche i caregiver - cioè coloro che assistono un familiare non autosufficiente - si ritrovano spesso faccia a faccia con la solitudine, poiché l’impegno e il tempo dedicato alla cura dei propri cari fa sì che le occasioni di incontro con amici e familiari diventino sempre più rarefatte. Nel nostro paese si calcola che circa un terzo delle coppie caregiver-malato si trovi in condizione di isolamento e non sappia a chi rivolgersi in caso di necessità. In una società come la nostra, in cui le relazioni sociali tendono a indebolirsi, l’emergenza solitudine non sembra quindi un fenomeno in grado di autoregolarsi, ma al contrario pare diffondersi, costituendo un’ostacolo alla creazione di una rete di solidarietà. Ed è per questa ragione che un rapido intervento da parte dei governi si rende sempre più urgente.
La riflessione si estende anche al mondo dei servizi sociali e dell’assistenza. Non sempre infatti nei luoghi di assistenza, come case di riposo ed RSA, gli anziani possono affrontare la malattia e i relativi percorsi terapeutici in un ambiente caratterizzato da calore umano e vicinanza emotiva, ma affrontano il proprio dolore in totale solitudine. In questo senso il progresso tecnologico applicato al servizio sanitario potrebbe rappresentare una nuova sfida. Se da un lato alcuni sono convinti che il paziente si troverà sempre più spesso solo di fronte alla macchina, dall’altro c’è chi ritiene gli operatori saranno più liberi da compiti tecnici e potranno dedicare più tempo ad alleviare la solitudine dell’assistito.

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