Costume e Società

Anziani e pandemia: in Lombardia sono oltre cento mila gli anziani soli

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15 Ottobre 2024

L’emergenza sanitaria causata dal Corona virus ha radicalmente trasformato l’esistenza di ogni persona: le restrizioni attuate per salvaguardare il benessere dell’intera cittadinanza hanno di fatto condotto ad una concreta modifica della routine quotidiana, in un clima di forte preoccupazione ed incertezza. La popolazione anziana, caratterizzata da condizioni di più marcata fragilità psico-fisica, è quella che ha risentito con maggiore forza dei vari effetti pandemici, percependo nell’autoreclusione la causa primaria di un profondo senso di solitudine. L’isolamento, accompagnato da spaesamento e perdita di progettualità, costituisce infatti la principale conseguenza negativa della crisi negli anziani, dove la percentuale dei “solitari” nel territorio nazionale, specie a Milano e dintorni, ha subito una crescita esponenziale. La pandemia, rendendo più fragile chi già lo era, ha impoverito le relazioni e incentivato la solitudine, esponendo gli anziani a molti più rischi, tra cui l’ospedalizzazione, la mortalità e il decadimento fisico e cognitivo dovuto alla sedentarietà. Al fine di monitorare con più attenzione l’andamento del Paese, è stata presentata dall’Osservatorio regionale sulla terza età un’importante Indagine, relativa alla popolazione anziana lombarda.

Come dimostra la ricerca, realizzata da “Spi Cgil Lombardia”, “Fnp Cisl Lombardia”, “Uilp Uil Lombardia”, in associazione con ARS (Associazione per la Ricerca sociale di Milano), quasi il 14% degli anziani ultraottantenni vive in una sorta di autoreclusione domestica rilevante, con un evidente difficoltà nella fruizione dei necessari servizi quotidiani. L’Osservatorio, effettuando la ricognizione dopo due anni esatti dall’inizio della pandemia, ha evidenziato un contesto di emergenza nella grande metropoli, con un urgente e doveroso intervento da parte delle Istituzioni per risanare al più presto la situazione. Secondo l’Indagine, infatti, la popolazione anziana, oltre che meritare una maggiore considerazione dalle Autorità locali e nazionali, necessita di nuove forme di assistenza e di vicinanza, volte a garantire più accurate forme di tutela ed inclusione. Lo studio, riscontrando la presenza di 2,3 milioni di ultrasessantacinquenni in Lombardia, ha individuato una crescita della percentuale di anziani del 25%, con previsioni demografiche in forte aumento e un ipotetico raggiungimento del tasso del 32% entro il 2050.  La solitudine, percepita maggiormente da coloro che vivono in piccole città rispetto agli anziani che abitano nei grandi capoluoghi, costituisce un fattore determinante per la qualità della vita: gli anziani vivono più spesso in affitto a Milano che in altre città, ma sembrano essere un po’ più autonomi, grazie a relazioni, trasporti e supporti territorialmente più densi. La percentuale di anziani che riceve aiuti da familiari è del 30,5%, rispetto al 53% delle altre regioni: la crisi generata dalla pandemia ha però creato difficoltà anche alla continuità del supporto economico familiare, con l’azione di aiuto da parte delle famiglie che ha subito un calo dall’83% al 49%.

I dati raccolti hanno permesso di suddividere la popolazione anziana in due eterogenee categorie: i “giovani anziani” sono tutti i sessantacinquenni e settantenni che vivono un’esistenza dinamica anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, mentre i “grandi anziani”, ultraottantenni, abitano soli e senza adeguate forme di sostegno e di supporto. Le Istituzioni, per evitare spiacevoli episodi come il recente ritrovamento di un’anziana donna morta sola, dopo quasi due anni dalla sua ultima apparizione pubblica, hanno il dovere di non abbandonare i soggetti più in difficoltà: l’analisi eseguita, che ha interessato quasi 1000 anziani residenti in Lombardia di età compresa tra i 65 e gli 85 anni, ha messo in evidenza la necessità di un rapido ed efficace intervento politico. Come spiega Federica Trapletti di Spi Cgil Lombardia, “non bisogna aggiungere solo anni alla vita, e questo è il compito della scienza, ma vita agli anni, e questo è il compito nostro, dalle Istituzioni al mondo del Terzo settore alla società civile. Quello che manca nel pensare e attuare il welfare per gli anziani è una regia pubblica e un coordinamento. La ricerca vuole essere un contributo proprio in questa direzione”. 

L’emergenza sanitaria causata dal Corona virus ha radicalmente trasformato l’esistenza di ogni persona: le restrizioni attuate per salvaguardare il benessere dell’intera cittadinanza hanno di fatto condotto ad una concreta modifica della routine quotidiana, in un clima di forte preoccupazione ed incertezza. La popolazione anziana, caratterizzata da condizioni di più marcata fragilità psico-fisica, è quella che ha risentito con maggiore forza dei vari effetti pandemici, percependo nell’autoreclusione la causa primaria di un profondo senso di solitudine. L’isolamento, accompagnato da spaesamento e perdita di progettualità, costituisce infatti la principale conseguenza negativa della crisi negli anziani, dove la percentuale dei “solitari” nel territorio nazionale, specie a Milano e dintorni, ha subito una crescita esponenziale. La pandemia, rendendo più fragile chi già lo era, ha impoverito le relazioni e incentivato la solitudine, esponendo gli anziani a molti più rischi, tra cui l’ospedalizzazione, la mortalità e il decadimento fisico e cognitivo dovuto alla sedentarietà. Al fine di monitorare con più attenzione l’andamento del Paese, è stata presentata dall’Osservatorio regionale sulla terza età un’importante Indagine, relativa alla popolazione anziana lombarda.

Come dimostra la ricerca, realizzata da “Spi Cgil Lombardia”, “Fnp Cisl Lombardia”, “Uilp Uil Lombardia”, in associazione con ARS (Associazione per la Ricerca sociale di Milano), quasi il 14% degli anziani ultraottantenni vive in una sorta di autoreclusione domestica rilevante, con un evidente difficoltà nella fruizione dei necessari servizi quotidiani. L’Osservatorio, effettuando la ricognizione dopo due anni esatti dall’inizio della pandemia, ha evidenziato un contesto di emergenza nella grande metropoli, con un urgente e doveroso intervento da parte delle Istituzioni per risanare al più presto la situazione. Secondo l’Indagine, infatti, la popolazione anziana, oltre che meritare una maggiore considerazione dalle Autorità locali e nazionali, necessita di nuove forme di assistenza e di vicinanza, volte a garantire più accurate forme di tutela ed inclusione. Lo studio, riscontrando la presenza di 2,3 milioni di ultrasessantacinquenni in Lombardia, ha individuato una crescita della percentuale di anziani del 25%, con previsioni demografiche in forte aumento e un ipotetico raggiungimento del tasso del 32% entro il 2050.  La solitudine, percepita maggiormente da coloro che vivono in piccole città rispetto agli anziani che abitano nei grandi capoluoghi, costituisce un fattore determinante per la qualità della vita: gli anziani vivono più spesso in affitto a Milano che in altre città, ma sembrano essere un po’ più autonomi, grazie a relazioni, trasporti e supporti territorialmente più densi. La percentuale di anziani che riceve aiuti da familiari è del 30,5%, rispetto al 53% delle altre regioni: la crisi generata dalla pandemia ha però creato difficoltà anche alla continuità del supporto economico familiare, con l’azione di aiuto da parte delle famiglie che ha subito un calo dall’83% al 49%.

I dati raccolti hanno permesso di suddividere la popolazione anziana in due eterogenee categorie: i “giovani anziani” sono tutti i sessantacinquenni e settantenni che vivono un’esistenza dinamica anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, mentre i “grandi anziani”, ultraottantenni, abitano soli e senza adeguate forme di sostegno e di supporto. Le Istituzioni, per evitare spiacevoli episodi come il recente ritrovamento di un’anziana donna morta sola, dopo quasi due anni dalla sua ultima apparizione pubblica, hanno il dovere di non abbandonare i soggetti più in difficoltà: l’analisi eseguita, che ha interessato quasi 1000 anziani residenti in Lombardia di età compresa tra i 65 e gli 85 anni, ha messo in evidenza la necessità di un rapido ed efficace intervento politico. Come spiega Federica Trapletti di Spi Cgil Lombardia, “non bisogna aggiungere solo anni alla vita, e questo è il compito della scienza, ma vita agli anni, e questo è il compito nostro, dalle Istituzioni al mondo del Terzo settore alla società civile. Quello che manca nel pensare e attuare il welfare per gli anziani è una regia pubblica e un coordinamento. La ricerca vuole essere un contributo proprio in questa direzione”.