Salute e benessere

Giornata mondiale dell'Alzheimer: 5 miti da sfatare sulla patologia neurodegenerativa

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21 Ottobre 2024

In concomitanza con la prossima celebrazione, il 21 settembre, della Giornata Mondiale Alzheimer, Senniors, l'azienda spagnola che si occupa dell'assistenza domiciliare per anziani autosufficienti e non, ha colto l'occasione per fare chiarezza in merito a questa malattia neurodegenerativa, e dissipare in parte l'ignoranza che esiste in gran parte della popolazione dovuta ai miti che esistono al riguardo.

Come sottolinea Claudia Gómez, CEO di Senniors, “l'importanza di conoscere a fondo la malattia da parte di famiglie e caregiver è fondamentale affinché i malati di Alzheimer abbiano una migliore qualità di vita. È importantissimo venire incontro alle esigenze di ogni caso e ricordare ai familiari che non sono soli”. In questo senso, Senniors analizza quali sono le cinque false credenze più diffuse e chiarisce il motivo per cui non sono vere.

1- Solo le persone anziane soffrono di Alzheimer 
Sebbene la maggior parte delle diagnosi si verifichi negli anziani, ci sono momenti in cui questa malattia si presenta molto precocemente. Secondo i dati della Confederazione spagnola Alzheimer (Ceafa), uno su dieci che ne soffre ha meno di 65 anni. “I pazienti più giovani tendono ad essere molto più consapevoli della loro diagnosi e questo permette loro di poter tracciare la roadmap, insieme alla loro famiglia e ai professionisti che li accompagneranno, per decidere come essere assistiti in ogni fase della propria malattia e partecipare al proprio trattamento”, afferma Ana Maeso, Neuropsicologa e Coordinatrice Sociale presso Senniors. Nel caso dei più giovani di 65 anni, il cui funzionamento sociale e lavorativo (sono attivi sul lavoro) è particolarmente colpito, Senniors consiglia di farsi seguire anche da uno psicologo, per essere aiutati ad affrontare le nuove sfide che creerà la patologia.

2- L'Alzheimer genera sempre comportamenti aggressivi
L'aggressività non si verifica necessariamente in tutte le persone con Alzheimer. Ciò che causa questa malattia sono soprattutto danni alle strutture cerebrali responsabili del linguaggio o dell'autoregolazione del comportamento. I comportamenti aggressivi sono una manifestazione di rabbia che, come emozione di base, è presente in ogni essere umano: e tale rabbia si manifesta quando la persona sente di non raggiungere un obiettivo o che i suoi bisogni o interessi non vengono soddisfatti. Se a questo si aggiunge la difficoltà di riuscire a verbalizzarlo, a causa di un'alterazione del linguaggio, si accentua il sentimento di frustrazione e si manifestano comportamenti aggressivi come una protesta. La sfida è stabilire un valido sistema di comunicazione, in cui i caregiver identifichino e gestiscano quegli scenari che possono generare questo tipo di risposta. È importante che il caregiver principale sia consapevole e sappia come reindirizzare questo tipo di situazioni.

3- I problemi di memoria sono un segnale dell'Alzheimer
Non necessariamente. Ci sono persone che, con l'età, manifestano un deterioramento di alcune delle loro funzioni cognitive, come l'orientamento, l'attenzione, la memoria. Il consumo di alcuni farmaci, l'alterazione dell'umore e la perdita dell'udito, influenzano direttamente la capacità di attenzione e senza attenzione non c'è memoria. La cosiddetta mindfulness può essere un ottimo alleato per rafforzare la salute fisica, mentale ed emotiva, e per coltivare appunto l'attenzione.

4- L'Alzheimer si evolve allo stesso modo in tutte le persone 
Le persone non hanno la stessa genetica e le loro "biografie" e storie personali sono uniche, così come il modo in cui gestiscono e percepiscono le emozioni. Ogni area di conoscenza che viene esplorata e praticata traccia una mappa unica nel cervello, che è anche il luogo in cui risiede la personalità. Pertanto, anche l'esperienza con la malattia e i suoi sintomi è diversa. Può essere il caso di due persone con la stessa diagnosi, con un profilo socioeconomico e culturale simile, la stessa età e un ambiente simile, e che in una di esse la patologia si evolve molto rapidamente e nell'altra rimane più stabile sviluppandosi più lentamente. Le fasi dell'evoluzione della malattia sono un riferimento approssimativo a ciò che potrebbe accadere, non a ciò che ingiustificabilmente accadrà. Conoscerli aiuta i caregiver e i familiari ad accettare una realtà che cambierà le loro vite.

5 - L' Alzheimer è ereditario 
Sebbene ci sia una componente genetica, non deve necessariamente verificarsi. Infatti, meno del 10% delle demenze viene ereditato. Solo perché un genitore ha o ha avuto la malattia non significa necessariamente che i suoi figli ne soffriranno. Oltre alla ricerca, sviluppare una vita attiva e sana, praticare amorevolmente la cura di sé, coltivare la conoscenza, la spiritualità e la calma e favorire le nostre relazioni sociali e affettive, sono fattori che influenzano direttamente la prevenzione dell'Alzheimer e che sono alla portata di tutti.


In concomitanza con la prossima celebrazione, il 21 settembre, della Giornata Mondiale Alzheimer, Senniors, l'azienda spagnola che si occupa dell'assistenza domiciliare per anziani autosufficienti e non, ha colto l'occasione per fare chiarezza in merito a questa malattia neurodegenerativa, e dissipare in parte l'ignoranza che esiste in gran parte della popolazione dovuta ai miti che esistono al riguardo.

Come sottolinea Claudia Gómez, CEO di Senniors, “l'importanza di conoscere a fondo la malattia da parte di famiglie e caregiver è fondamentale affinché i malati di Alzheimer abbiano una migliore qualità di vita. È importantissimo venire incontro alle esigenze di ogni caso e ricordare ai familiari che non sono soli”. In questo senso, Senniors analizza quali sono le cinque false credenze più diffuse e chiarisce il motivo per cui non sono vere.

1- Solo le persone anziane soffrono di Alzheimer 
Sebbene la maggior parte delle diagnosi si verifichi negli anziani, ci sono momenti in cui questa malattia si presenta molto precocemente. Secondo i dati della Confederazione spagnola Alzheimer (Ceafa), uno su dieci che ne soffre ha meno di 65 anni. “I pazienti più giovani tendono ad essere molto più consapevoli della loro diagnosi e questo permette loro di poter tracciare la roadmap, insieme alla loro famiglia e ai professionisti che li accompagneranno, per decidere come essere assistiti in ogni fase della propria malattia e partecipare al proprio trattamento”, afferma Ana Maeso, Neuropsicologa e Coordinatrice Sociale presso Senniors. Nel caso dei più giovani di 65 anni, il cui funzionamento sociale e lavorativo (sono attivi sul lavoro) è particolarmente colpito, Senniors consiglia di farsi seguire anche da uno psicologo, per essere aiutati ad affrontare le nuove sfide che creerà la patologia.

2- L'Alzheimer genera sempre comportamenti aggressivi
L'aggressività non si verifica necessariamente in tutte le persone con Alzheimer. Ciò che causa questa malattia sono soprattutto danni alle strutture cerebrali responsabili del linguaggio o dell'autoregolazione del comportamento. I comportamenti aggressivi sono una manifestazione di rabbia che, come emozione di base, è presente in ogni essere umano: e tale rabbia si manifesta quando la persona sente di non raggiungere un obiettivo o che i suoi bisogni o interessi non vengono soddisfatti. Se a questo si aggiunge la difficoltà di riuscire a verbalizzarlo, a causa di un'alterazione del linguaggio, si accentua il sentimento di frustrazione e si manifestano comportamenti aggressivi come una protesta. La sfida è stabilire un valido sistema di comunicazione, in cui i caregiver identifichino e gestiscano quegli scenari che possono generare questo tipo di risposta. È importante che il caregiver principale sia consapevole e sappia come reindirizzare questo tipo di situazioni.

3- I problemi di memoria sono un segnale dell'Alzheimer
Non necessariamente. Ci sono persone che, con l'età, manifestano un deterioramento di alcune delle loro funzioni cognitive, come l'orientamento, l'attenzione, la memoria. Il consumo di alcuni farmaci, l'alterazione dell'umore e la perdita dell'udito, influenzano direttamente la capacità di attenzione e senza attenzione non c'è memoria. La cosiddetta mindfulness può essere un ottimo alleato per rafforzare la salute fisica, mentale ed emotiva, e per coltivare appunto l'attenzione.

4- L'Alzheimer si evolve allo stesso modo in tutte le persone 
Le persone non hanno la stessa genetica e le loro "biografie" e storie personali sono uniche, così come il modo in cui gestiscono e percepiscono le emozioni. Ogni area di conoscenza che viene esplorata e praticata traccia una mappa unica nel cervello, che è anche il luogo in cui risiede la personalità. Pertanto, anche l'esperienza con la malattia e i suoi sintomi è diversa. Può essere il caso di due persone con la stessa diagnosi, con un profilo socioeconomico e culturale simile, la stessa età e un ambiente simile, e che in una di esse la patologia si evolve molto rapidamente e nell'altra rimane più stabile sviluppandosi più lentamente. Le fasi dell'evoluzione della malattia sono un riferimento approssimativo a ciò che potrebbe accadere, non a ciò che ingiustificabilmente accadrà. Conoscerli aiuta i caregiver e i familiari ad accettare una realtà che cambierà le loro vite.

5 - L' Alzheimer è ereditario 
Sebbene ci sia una componente genetica, non deve necessariamente verificarsi. Infatti, meno del 10% delle demenze viene ereditato. Solo perché un genitore ha o ha avuto la malattia non significa necessariamente che i suoi figli ne soffriranno. Oltre alla ricerca, sviluppare una vita attiva e sana, praticare amorevolmente la cura di sé, coltivare la conoscenza, la spiritualità e la calma e favorire le nostre relazioni sociali e affettive, sono fattori che influenzano direttamente la prevenzione dell'Alzheimer e che sono alla portata di tutti.

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