Costume e Società

Il divario digitale ostacola l'accesso dei più anziani ai servizi sanitari

alt_text
28 Ottobre 2024

Le tecnologie digitali offrono opportunità per migliorare i servizi sanitari, ma non sono accessibili a tutti. Da inclusivi diventano esclusivi, escludendo e isolando coloro che non sono in grado di padroneggiarle. Questo è un problema, o meglio ancora un paradosso, sottolineato dall'arcivescovo Roberto Repole durante l'omelia a San Giovanni in Duomo. Un "digital divide" che colpisce in particolar modo la parte più vulnerabile della popolazione: gli anziani, soprattutto quelli che vivono da soli. Repole, nel suo discorso, ha riportato il racconto di un amico medico: anziani che evitano esami e visite perché non sono in grado di gestire le pratiche elettroniche per la prenotazione. Questo è un problema ben noto ai medici stessi.

"Secondo i dati riportati nel 2017 dalla Commissione Europea, il 56% degli italiani tra i 16 e i 74 anni non ha una alfabetizzazione digitale di base", conferma Chiara Rivetti, segretaria di Anaao Assomed Piemonte, sindacato dei dirigenti medici. Questo significa che soprattutto gli anziani non riescono a prenotare o usufruire dei servizi di telemedicina. Anche interagire con il servizio di prenotazione centralizzato (Cup) non è un compito facile. Ottenere lo Spid e accedere alla cartella clinica elettronica non è da prendere alla leggera. Così come la prenotazione di sedute vaccinali o tamponi negli anni della pandemia non è stata scontata. Un ostacolo che è stato poi superato dalla Regione con la chiamata diretta attraverso SMS da parte delle Asl. In questa stessa direzione, va sottolineata la possibilità di prenotare esami e visite tramite i medici di famiglia e le farmacie.

Tuttavia, nonostante questi sforzi, c'è ancora un problema duplice: l'utilizzo di tecnologie che a volte non funzionano correttamente o funzionano a singhiozzo. "A Torino, alcune ricette per esami di laboratorio compilate dai medici di base o da specialisti di ospedali diversi da dove viene erogata la prestazione, non vengono lette dai sistemi informatici ospedalieri", racconta Rivetti. Ciò porta alla necessità di rifare le ricette allo sportello e può accadere che i pazienti vengano rimandati a casa.

Il risultato immediato per coloro che hanno difficoltà con le tecnologie o semplicemente non sanno come gestirle è un senso di frustrazione. Di conseguenza, accade più spesso di quanto si possa immaginare che molte persone rinuncino a effettuare diagnosi e a prendersi cura della propria salute. "Recentemente, un anziano paziente diabetico con problemi di deambulazione non è riuscito a rinnovare il piano terapeutico per gli aghi dell'insulina né a prenotare una visita di controllo a causa di ostacoli burocratico-informatici che nemmeno il suo medico di famiglia è riuscito a risolvere. Non avendo i soldi per acquistare gli aghi di tasca propria, ha smesso di assumere l'insulina", racconta Rivetti. 

Questo problema non riguarda solo il Piemonte, né solo l'Italia, ma altri Paesi stanno cercando di affrontarlo. In Francia, ad esempio, sono stati creati sportelli unici che garantiscono un'offerta omogenea, un accesso facilitato e una formazione digitale per tutti i cittadini, come fa notare Rivetti: "In Italia, spesso sono i parenti a sostituire ciò che dovrebbe fare l'amministrazione pubblica". Tuttavia, non tutti gli anziani hanno parenti o amici disponibili. Anzi, talvolta sono proprio gli anziani stessi a dover svolgere il ruolo di caregiver, assistendo i coniugi che non sono autosufficienti. 

Nelle regioni con una prevalenza di popolazione anziana, come il Piemonte e la Liguria, questo problema si acuisce. "È un fallimento del sistema che amareggia profondamente anche noi medici", conclude Rivetti. Il rischio è che si presti meno attenzione laddove la malattia è più presente.

Le tecnologie digitali offrono opportunità per migliorare i servizi sanitari, ma non sono accessibili a tutti. Da inclusivi diventano esclusivi, escludendo e isolando coloro che non sono in grado di padroneggiarle. Questo è un problema, o meglio ancora un paradosso, sottolineato dall'arcivescovo Roberto Repole durante l'omelia a San Giovanni in Duomo. Un "digital divide" che colpisce in particolar modo la parte più vulnerabile della popolazione: gli anziani, soprattutto quelli che vivono da soli. Repole, nel suo discorso, ha riportato il racconto di un amico medico: anziani che evitano esami e visite perché non sono in grado di gestire le pratiche elettroniche per la prenotazione. Questo è un problema ben noto ai medici stessi.

"Secondo i dati riportati nel 2017 dalla Commissione Europea, il 56% degli italiani tra i 16 e i 74 anni non ha una alfabetizzazione digitale di base", conferma Chiara Rivetti, segretaria di Anaao Assomed Piemonte, sindacato dei dirigenti medici. Questo significa che soprattutto gli anziani non riescono a prenotare o usufruire dei servizi di telemedicina. Anche interagire con il servizio di prenotazione centralizzato (Cup) non è un compito facile. Ottenere lo Spid e accedere alla cartella clinica elettronica non è da prendere alla leggera. Così come la prenotazione di sedute vaccinali o tamponi negli anni della pandemia non è stata scontata. Un ostacolo che è stato poi superato dalla Regione con la chiamata diretta attraverso SMS da parte delle Asl. In questa stessa direzione, va sottolineata la possibilità di prenotare esami e visite tramite i medici di famiglia e le farmacie.

Tuttavia, nonostante questi sforzi, c'è ancora un problema duplice: l'utilizzo di tecnologie che a volte non funzionano correttamente o funzionano a singhiozzo. "A Torino, alcune ricette per esami di laboratorio compilate dai medici di base o da specialisti di ospedali diversi da dove viene erogata la prestazione, non vengono lette dai sistemi informatici ospedalieri", racconta Rivetti. Ciò porta alla necessità di rifare le ricette allo sportello e può accadere che i pazienti vengano rimandati a casa.

Il risultato immediato per coloro che hanno difficoltà con le tecnologie o semplicemente non sanno come gestirle è un senso di frustrazione. Di conseguenza, accade più spesso di quanto si possa immaginare che molte persone rinuncino a effettuare diagnosi e a prendersi cura della propria salute. "Recentemente, un anziano paziente diabetico con problemi di deambulazione non è riuscito a rinnovare il piano terapeutico per gli aghi dell'insulina né a prenotare una visita di controllo a causa di ostacoli burocratico-informatici che nemmeno il suo medico di famiglia è riuscito a risolvere. Non avendo i soldi per acquistare gli aghi di tasca propria, ha smesso di assumere l'insulina", racconta Rivetti. 

Questo problema non riguarda solo il Piemonte, né solo l'Italia, ma altri Paesi stanno cercando di affrontarlo. In Francia, ad esempio, sono stati creati sportelli unici che garantiscono un'offerta omogenea, un accesso facilitato e una formazione digitale per tutti i cittadini, come fa notare Rivetti: "In Italia, spesso sono i parenti a sostituire ciò che dovrebbe fare l'amministrazione pubblica". Tuttavia, non tutti gli anziani hanno parenti o amici disponibili. Anzi, talvolta sono proprio gli anziani stessi a dover svolgere il ruolo di caregiver, assistendo i coniugi che non sono autosufficienti. 

Nelle regioni con una prevalenza di popolazione anziana, come il Piemonte e la Liguria, questo problema si acuisce. "È un fallimento del sistema che amareggia profondamente anche noi medici", conclude Rivetti. Il rischio è che si presti meno attenzione laddove la malattia è più presente.

Case di riposo, rsa e case famiglia