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Il senso di colpa? È normale.

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10 Maggio 2013
Assistere allo stravolgimento che insorge quando un proprio caro è colpito da deterioramento cognitivo è un’esperienza estremamente dolorosa. Pian piano ci si accorge che l’anziano inizia a non ricordare più le cose recenti, anche se magari ricorda benissimo fatti accaduti in tempi remoti; può mostrarsi improvvisamente irascibile, rabbioso, o magari irritarsi per il fatto di non ricordare più il nome di qualcuno. Diviene necessaria una continua sorveglianza a causa di comportamenti bizzarri e può essere necessario farsi carico dell’assistenza nelle cure igieniche, nel vestiario e nel mangiare. Non lo si riconosce più insomma.

In questi casi, ciò che accade è un’inversione di ruolo tra genitori e figli: per il figlio non c’è più il riferimento e il sostegno del genitore adulto, ma ora è lui genitore ad essere divenuto fragile e bisognoso di cure. Cambiano di conseguenza le abitudini, la cosiddetta routine si trasforma e tutti coloro che stanno intorno all’anziano divenuto tanto “fragile” ne vengono inesorabilmente coinvolti. Tutto questo genera un senso profondo di inadeguatezza ed emozioni come rabbia, impotenza e sconforto, emozioni che sono più che legittime ma per le quali spesso ci si sente in colpa. Così come accade di non sapere più come gestire la situazione in quanto le condizioni psico-fisiche comportano un assiduo controllo ed un’assistenza continua; pertanto ci si rassegna alla spiacevole idea di un ricovero in una struttura dove l’anziano possa essere accudito 24 ore su 24. Questa scelta però sovente fa sentire ancora più in colpa, come se si fosse dei figli (il più delle volte) o dei coniugi (a volte) ingrati che “scaricano” il proprio caro piuttosto che farsene carico. Eppure si riconoscono le difficoltà ed anche l’imprescindibilità di tale scelta, divenuta necessaria per il bene di tutti.

Tutte le difficoltà appena descritte scaturiscono dalla trasformazione cui si assiste nel proprio congiunto, che sia un genitore piuttosto che un coniuge, trasformazione che comporta una perdita, un lutto: si tratta della perdita della rappresentazione che avevamo di quella persona che adesso non c’è più, non è più la stessa con quelle particolari qualità. Questo lutto comporta un lavorio interno difficile e doloroso, la perdita delle immagini di quella persona che via via si vanno sgretolando e che devono lasciare il posto ad altre immagini, quelle che riflettono la reale situazione del momento, in cui appunto si trova l’anziano affetto da deterioramento cognitivo. Per reggere questo carico emotivo ed elaborare il lutto a volte può essere necessario un aiuto, un sostegno psicologico, oppure anche soltanto parlarne con una persona vicina.


Dottoressa Manuela Errante
Psicologa Psicoterapeuta specialista in psicologia clinica
Assistere allo stravolgimento che insorge quando un proprio caro è colpito da deterioramento cognitivo è un’esperienza estremamente dolorosa. Pian piano ci si accorge che l’anziano inizia a non ricordare più le cose recenti, anche se magari ricorda benissimo fatti accaduti in tempi remoti; può mostrarsi improvvisamente irascibile, rabbioso, o magari irritarsi per il fatto di non ricordare più il nome di qualcuno. Diviene necessaria una continua sorveglianza a causa di comportamenti bizzarri e può essere necessario farsi carico dell’assistenza nelle cure igieniche, nel vestiario e nel mangiare. Non lo si riconosce più insomma.

In questi casi, ciò che accade è un’inversione di ruolo tra genitori e figli: per il figlio non c’è più il riferimento e il sostegno del genitore adulto, ma ora è lui genitore ad essere divenuto fragile e bisognoso di cure. Cambiano di conseguenza le abitudini, la cosiddetta routine si trasforma e tutti coloro che stanno intorno all’anziano divenuto tanto “fragile” ne vengono inesorabilmente coinvolti. Tutto questo genera un senso profondo di inadeguatezza ed emozioni come rabbia, impotenza e sconforto, emozioni che sono più che legittime ma per le quali spesso ci si sente in colpa. Così come accade di non sapere più come gestire la situazione in quanto le condizioni psico-fisiche comportano un assiduo controllo ed un’assistenza continua; pertanto ci si rassegna alla spiacevole idea di un ricovero in una struttura dove l’anziano possa essere accudito 24 ore su 24. Questa scelta però sovente fa sentire ancora più in colpa, come se si fosse dei figli (il più delle volte) o dei coniugi (a volte) ingrati che “scaricano” il proprio caro piuttosto che farsene carico. Eppure si riconoscono le difficoltà ed anche l’imprescindibilità di tale scelta, divenuta necessaria per il bene di tutti.

Tutte le difficoltà appena descritte scaturiscono dalla trasformazione cui si assiste nel proprio congiunto, che sia un genitore piuttosto che un coniuge, trasformazione che comporta una perdita, un lutto: si tratta della perdita della rappresentazione che avevamo di quella persona che adesso non c’è più, non è più la stessa con quelle particolari qualità. Questo lutto comporta un lavorio interno difficile e doloroso, la perdita delle immagini di quella persona che via via si vanno sgretolando e che devono lasciare il posto ad altre immagini, quelle che riflettono la reale situazione del momento, in cui appunto si trova l’anziano affetto da deterioramento cognitivo. Per reggere questo carico emotivo ed elaborare il lutto a volte può essere necessario un aiuto, un sostegno psicologico, oppure anche soltanto parlarne con una persona vicina.


Dottoressa Manuela Errante
Psicologa Psicoterapeuta specialista in psicologia clinica

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