Salute e benessere

L’educatore in casa di riposo: per ogni singolo anziano occorre trovare il giusto canale comunicativo

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22 Ottobre 2024

La figura dell’educatore professionale nei servizi rivolti agli anziani è stata introdotta in tempi relativamente recenti e ai suoi albori era impiegata prevalentemente in progetti di animazione di comunità, con lo scopo di creare per gli anziani degli spazi per incontrarsi, socializzare e coltivare i propri interessi. Tuttavia, la rapida trasformazione della struttura familiare, l’allungamento dell’aspettativa di vita e la maggiore incidenza di condizioni cliniche che determinano la non autosufficienza hanno modificato il ruolo dell’educatore, orientandolo anche verso le attività di cura e riabilitazione. Secondo la Dottoressa Silvia Marelli, educatrice presso RSA Machiavelli – struttura sita a Bernareggio (MB) afferente al Gruppo La Villa, società che gestisce 29 residenze in Italia  - "la figura dell’educatore ha assunto un ruolo sempre più rilevante, non è più un semplice animatore, ma una figura professionale con alla base degli studi approfonditi sulla psicologia dell’età evolutiva". 

Tra le varie responsabilità a cui è chiamato, l'educatore deve proporre attività coinvolgenti per gli anziani, considerando le loro particolarità e preferenze. Al fine di raggiungere questo obiettivo, è essenziale tenere in considerazione la storia di vita di ciascun individuo, comprese le esperienze passate e le necessità specifiche. “Gli anziani sono persone con alle spalle una storia e un vissuto importante, che li hanno fatti diventare come noi li conosciamo; essi hanno affrontato gioie e dolori importanti che hanno generato le loro rughe, l’evoluzione della propria persona sia a livello emotivo che fisico”, riflette l’educatrice. Comprendere le esperienze e le preferenze dell'anziano consente di offrire attività significative e coinvolgenti, migliorando la qualità della vita quotidiana. L'educatore diventa così un tramite tra l’ospite e la sua famiglia, supportando entrambi nella "buona e nella cattiva sorte".

Sebbene l’attività dell’educatore professionale in struttura si rivolga prevalentemente al gruppo, questi collabora con l’équipe di lavoro alla stesura del Piano Assistenziale individuale (PAI), che definisce in itinere il progetto di cura e assistenza per ciascun anziano, individuando i suoi bisogni specifici e il tipo di intervento più idoneo a soddisfarli. La risposta ai bisogni individuali dei singoli anziani si concilia con l’attenzione alle dinamiche del gruppo attraverso un percorso individuale iniziale, che permette di instaurare un rapporto di complicità e successivamente favorisce il lavoro di équipe e di confronto. 

Secondo Silvia Marelli, "il lavoro nel gruppo funziona solo se si è fatto prima un lavoro individuale. Prima bisogna conoscere l’ospite e la sua storia, solo a quel punto si instaura un rapporto di complicità e successivamente comincia un lavoro di équipe e di confronto ad personam e un’integrazione nel gruppo non passiva ma attiva". Il PAI/PI viene elaborato all’ingresso del nuovo ospite e viene calibrato sempre di più sulla persona nel corso del tempo. Il confronto in équipe risulta fondamentale per raggiungere gli obiettivi in armonia. 

Ascolto ed empatia sono gli strumenti fondamentali per instaurare una relazione educativa con gli ospiti. All'interno della RSA, sono riservati spazi individuali per l'ascolto degli anziani, in cui si valorizzano il rispetto della persona, il sostegno, il contatto emotivo e l'emergere di informazioni importanti per la pianificazione delle attività successive. “Se non c’è empatia e non si trova il giusto canale comunicativo con ogni singolo anziano, tutto fallisce”, sostiene Silvia Marelli. 

Le sfide nel gestire pazienti con patologie neurodegenerative, per esempio, sono uniche e richiedono un approccio individualizzato. La Dott.ssa Marelli infatti spiega: "Un discorso particolare va fatto per gli ospiti con patologie neurodegenerative, dove il lavoro di socializzazione e psicomotorio viene svolto con un numero massimo di 5 persone, ma la maggior parte delle attività sono individuali, trattandosi di personalità molto particolari e che quindi richiedono approcci totalmente diversi ed individualizzati. La stessa persona che è presente e attiva in un giorno potrebbe diventare non collaborativa il giorno successivo. Per questo motivo, ogni anziano deve essere osservato al momento del contatto per valutare quale attività svolgere e come interagire in modo appropriato con lui. Serve spesso molto tempo e molta pazienza e l’empatia deve essere estremamente elevata”. 

Inoltre, è importante creare un ambiente stimolante e confortevole all'interno delle strutture che favoriscano il lavoro dell’educatore. L'utilizzo di aree verdi, sale giochi, laboratori artistici, spazi multisensoriali e tecnologie avanzate possono favorire il benessere e il coinvolgimento degli anziani. Secondo Marelli, uno di questi spazi è la stanza multisensoriale – ambiente terapeutico presente in molte strutture del Gruppo La Villa - : "un luogo particolare caratterizzato dalla presenza dell'immagine di un paesaggio sulle pareti e attrezzature che producono bolle, suoni, colori e aromi. In genere viene usata per ospiti con disturbi comportamentali, con tono dell’umore deflesso o con dolori che si manifestano in modo acuto”, spiega. 

Marelli illustra che le reazioni sono le più diverse. “C’è chi in un ambiente di ‘cielo stellato’ proiettato con un sottofondo musicale appositamente studiato si tranquillizza e resta in silenzio a farsi trasportare dalle note e dalle luci sottili. C’è chi si perde nei pensieri e sviscera i malesseri guardando l’immagine del campo infinito sulla parete e viaggia tra le colline e il giallo dell’immagine”. 

Nonostante sia un ambiente terapeutico, l'educatrice fa notare che la stanza multisensoriale richiede talvolta un percorso di familiarizzazione e accettazione da parte degli anziani, poiché si discosta dagli ambienti familiari a cui sono abituati. In alcuni casi, ci sono persone che hanno rifiutato l'utilizzo della stanza o hanno manifestato reazioni agitate. Tuttavia, secondo Marelli, la stanza “sicuramente è una valida terapia non farmacologica”.

L'educatore professionale svolge un ruolo fondamentale nelle strutture residenziali per anziani, offrendo un supporto sociale e di cura agli ospiti. Attraverso un approccio empatico e un ascolto attivo, l'educatore favorisce l'espressione e la condivisione delle emozioni degli anziani, permettendo loro di sentirsi ascoltati e compresi. Inoltre, la creazione di ambienti innovativi all'interno delle strutture residenziali contribuisce al benessere e all'engagement degli anziani, offrendo loro spazi stimolanti e confortevoli. L'obiettivo principale è quello di garantire una migliore qualità di vita, rispettando le loro individualità e offrendo un'assistenza il più possibile personalizzata.


La figura dell’educatore professionale nei servizi rivolti agli anziani è stata introdotta in tempi relativamente recenti e ai suoi albori era impiegata prevalentemente in progetti di animazione di comunità, con lo scopo di creare per gli anziani degli spazi per incontrarsi, socializzare e coltivare i propri interessi. Tuttavia, la rapida trasformazione della struttura familiare, l’allungamento dell’aspettativa di vita e la maggiore incidenza di condizioni cliniche che determinano la non autosufficienza hanno modificato il ruolo dell’educatore, orientandolo anche verso le attività di cura e riabilitazione. Secondo la Dottoressa Silvia Marelli, educatrice presso RSA Machiavelli – struttura sita a Bernareggio (MB) afferente al Gruppo La Villa, società che gestisce 29 residenze in Italia  - "la figura dell’educatore ha assunto un ruolo sempre più rilevante, non è più un semplice animatore, ma una figura professionale con alla base degli studi approfonditi sulla psicologia dell’età evolutiva". 

Tra le varie responsabilità a cui è chiamato, l'educatore deve proporre attività coinvolgenti per gli anziani, considerando le loro particolarità e preferenze. Al fine di raggiungere questo obiettivo, è essenziale tenere in considerazione la storia di vita di ciascun individuo, comprese le esperienze passate e le necessità specifiche. “Gli anziani sono persone con alle spalle una storia e un vissuto importante, che li hanno fatti diventare come noi li conosciamo; essi hanno affrontato gioie e dolori importanti che hanno generato le loro rughe, l’evoluzione della propria persona sia a livello emotivo che fisico”, riflette l’educatrice. Comprendere le esperienze e le preferenze dell'anziano consente di offrire attività significative e coinvolgenti, migliorando la qualità della vita quotidiana. L'educatore diventa così un tramite tra l’ospite e la sua famiglia, supportando entrambi nella "buona e nella cattiva sorte".

Sebbene l’attività dell’educatore professionale in struttura si rivolga prevalentemente al gruppo, questi collabora con l’équipe di lavoro alla stesura del Piano Assistenziale individuale (PAI), che definisce in itinere il progetto di cura e assistenza per ciascun anziano, individuando i suoi bisogni specifici e il tipo di intervento più idoneo a soddisfarli. La risposta ai bisogni individuali dei singoli anziani si concilia con l’attenzione alle dinamiche del gruppo attraverso un percorso individuale iniziale, che permette di instaurare un rapporto di complicità e successivamente favorisce il lavoro di équipe e di confronto. 

Secondo Silvia Marelli, "il lavoro nel gruppo funziona solo se si è fatto prima un lavoro individuale. Prima bisogna conoscere l’ospite e la sua storia, solo a quel punto si instaura un rapporto di complicità e successivamente comincia un lavoro di équipe e di confronto ad personam e un’integrazione nel gruppo non passiva ma attiva". Il PAI/PI viene elaborato all’ingresso del nuovo ospite e viene calibrato sempre di più sulla persona nel corso del tempo. Il confronto in équipe risulta fondamentale per raggiungere gli obiettivi in armonia. 

Ascolto ed empatia sono gli strumenti fondamentali per instaurare una relazione educativa con gli ospiti. All'interno della RSA, sono riservati spazi individuali per l'ascolto degli anziani, in cui si valorizzano il rispetto della persona, il sostegno, il contatto emotivo e l'emergere di informazioni importanti per la pianificazione delle attività successive. “Se non c’è empatia e non si trova il giusto canale comunicativo con ogni singolo anziano, tutto fallisce”, sostiene Silvia Marelli. 

Le sfide nel gestire pazienti con patologie neurodegenerative, per esempio, sono uniche e richiedono un approccio individualizzato. La Dott.ssa Marelli infatti spiega: "Un discorso particolare va fatto per gli ospiti con patologie neurodegenerative, dove il lavoro di socializzazione e psicomotorio viene svolto con un numero massimo di 5 persone, ma la maggior parte delle attività sono individuali, trattandosi di personalità molto particolari e che quindi richiedono approcci totalmente diversi ed individualizzati. La stessa persona che è presente e attiva in un giorno potrebbe diventare non collaborativa il giorno successivo. Per questo motivo, ogni anziano deve essere osservato al momento del contatto per valutare quale attività svolgere e come interagire in modo appropriato con lui. Serve spesso molto tempo e molta pazienza e l’empatia deve essere estremamente elevata”. 

Inoltre, è importante creare un ambiente stimolante e confortevole all'interno delle strutture che favoriscano il lavoro dell’educatore. L'utilizzo di aree verdi, sale giochi, laboratori artistici, spazi multisensoriali e tecnologie avanzate possono favorire il benessere e il coinvolgimento degli anziani. Secondo Marelli, uno di questi spazi è la stanza multisensoriale – ambiente terapeutico presente in molte strutture del Gruppo La Villa - : "un luogo particolare caratterizzato dalla presenza dell'immagine di un paesaggio sulle pareti e attrezzature che producono bolle, suoni, colori e aromi. In genere viene usata per ospiti con disturbi comportamentali, con tono dell’umore deflesso o con dolori che si manifestano in modo acuto”, spiega. 

Marelli illustra che le reazioni sono le più diverse. “C’è chi in un ambiente di ‘cielo stellato’ proiettato con un sottofondo musicale appositamente studiato si tranquillizza e resta in silenzio a farsi trasportare dalle note e dalle luci sottili. C’è chi si perde nei pensieri e sviscera i malesseri guardando l’immagine del campo infinito sulla parete e viaggia tra le colline e il giallo dell’immagine”. 

Nonostante sia un ambiente terapeutico, l'educatrice fa notare che la stanza multisensoriale richiede talvolta un percorso di familiarizzazione e accettazione da parte degli anziani, poiché si discosta dagli ambienti familiari a cui sono abituati. In alcuni casi, ci sono persone che hanno rifiutato l'utilizzo della stanza o hanno manifestato reazioni agitate. Tuttavia, secondo Marelli, la stanza “sicuramente è una valida terapia non farmacologica”.

L'educatore professionale svolge un ruolo fondamentale nelle strutture residenziali per anziani, offrendo un supporto sociale e di cura agli ospiti. Attraverso un approccio empatico e un ascolto attivo, l'educatore favorisce l'espressione e la condivisione delle emozioni degli anziani, permettendo loro di sentirsi ascoltati e compresi. Inoltre, la creazione di ambienti innovativi all'interno delle strutture residenziali contribuisce al benessere e all'engagement degli anziani, offrendo loro spazi stimolanti e confortevoli. L'obiettivo principale è quello di garantire una migliore qualità di vita, rispettando le loro individualità e offrendo un'assistenza il più possibile personalizzata.