Salute e benessere

Morbo di Alzheimer e ansiolitici: l’assunzione prolungata di benzodiazepine può aumentare il rischio di demenza

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22 Ottobre 2024

“Un’assunzione prolungata di ansiolitici potrebbe aumentare il rischio di sviluppare gravi forme di demenza” non risulta sorprendente quanto emerso da uno studio scientifico condotto sul morbo di Alzheimer negli Stati Uniti, attraverso il lavoro congiunto di un team di ricercatori universitari. L’Alzheimer, grave e invalidante malattia neurodegenerativa che colpisce in prevalenza le persone più anziane, ha costituito in passato e continua oggi a rappresentare l’oggetto di numerose ricerche: una delle ultime effettuate, infatti, ha avuto il merito di evidenziare il rapporto che sussiste fra l’assunzione prolungata di benzodiazepine, classe di ansiolitici alla quale appartengono medicinali come Xanax, Lexotan, EN, Ansiolin e Tavor, e l’aumento del rischio di sviluppare l’Alzheimer nella terza età

Nel tentativo di riscontrare una relazione dose-risposta, gli studiosi hanno esaminato la relazione tra Alzheimer e l’esposizione alle benzodiazepine: analizzando la banca dati del programma di assicurazione sanitaria del Quebec, e andando a ricercare i casi di Alzheimer diagnosticati tra gli anziani ai quali erano state prescritte benzodiazepine, i ricercatori sono giunti a rafforzare il sospetto di una possibile associazione diretta di quest’ultime sulla genesi della demenza, ipotizzando che l’assunzione cronica di questi farmaci possa rappresentare un marcatore precoce di una condizione associata ad un aumentato rischio di demenza.

La ricerca, pubblicata dal BMJ, “British Medical Journal”, ha studiato ben 1796 casi di Alzheimer tramite il confronto con un gruppo di controllo composto da 7184 persone, di pari età e in buona salute: gli autori americani, al termine del riscontro, hanno scoperto che i soggetti che hanno assunto benzodiazepine per periodi prolungati, ovvero per più di 3 mesi, avrebbero un rischio di sviluppare demenza che cresce del 51% rispetto a chi non le ha assunte. Inoltre, un altro importante articolo pubblicato recentemente sul JAMA, “Journal of the American Medical Association”, ha evidenziato i risultati di uno studio svolto su un campione di 303 assuntori cronici di benzodiazepine di età compresa fra 65 e 95 anni, che aveva l’obiettivo di educare i pazienti anziani nel difendersi dalla prescrizione inappropriata di benzodiazepine, rendendoli consapevoli dei rischi che l’utilizzo protratto di tali psicofarmaci comporta. La demenza, che colpisce ad oggi 36 milioni di persone nel mondo, risulta essere una patologia in continuo aumento: senza demonizzare questa rilevante categoria di farmaci, molto utili sia nella gestione dei disturbi d’ansia che dell’insonnia transitoria, l’AIFA sostiene in ogni caso che “nonostante siano di provata efficacia, le benzodiazepine possono comportare dei rischi, soprattutto se il loro utilizzo si protrae per lunghi periodi. L’uso a lungo termine può portare alla dipendenza e a sintomi di astinenza in caso di sospensione. Le benzodiazepine possono mettere in pericolo la cognizione, la mobilità, e l’abilità di guida nelle persone anziane, così come aumentare il rischio di cadute. Un recente studio ha anche riscontrato un’associazione tra l’uso di benzodiazepine negli anziani e aumento del rischio di malattia di Alzheimer.”

L’indagine, che ha messo in luce un rischio da non sottovalutare, incoraggia nei soggetti interessati l’adozione di comportamenti maturi e preventivi: infatti, per evitare l’abuso di psicofarmaci e per frenare il rischio di dipendenza, sarebbe opportuno valutare concretamente la reale esigenza del malato o dell’anziano, chiedendo aiuto e supporto ad uno psicologo, o seguendo le indicazioni del proprio medico curante.

“Un’assunzione prolungata di ansiolitici potrebbe aumentare il rischio di sviluppare gravi forme di demenza” non risulta sorprendente quanto emerso da uno studio scientifico condotto sul morbo di Alzheimer negli Stati Uniti, attraverso il lavoro congiunto di un team di ricercatori universitari. L’Alzheimer, grave e invalidante malattia neurodegenerativa che colpisce in prevalenza le persone più anziane, ha costituito in passato e continua oggi a rappresentare l’oggetto di numerose ricerche: una delle ultime effettuate, infatti, ha avuto il merito di evidenziare il rapporto che sussiste fra l’assunzione prolungata di benzodiazepine, classe di ansiolitici alla quale appartengono medicinali come Xanax, Lexotan, EN, Ansiolin e Tavor, e l’aumento del rischio di sviluppare l’Alzheimer nella terza età

Nel tentativo di riscontrare una relazione dose-risposta, gli studiosi hanno esaminato la relazione tra Alzheimer e l’esposizione alle benzodiazepine: analizzando la banca dati del programma di assicurazione sanitaria del Quebec, e andando a ricercare i casi di Alzheimer diagnosticati tra gli anziani ai quali erano state prescritte benzodiazepine, i ricercatori sono giunti a rafforzare il sospetto di una possibile associazione diretta di quest’ultime sulla genesi della demenza, ipotizzando che l’assunzione cronica di questi farmaci possa rappresentare un marcatore precoce di una condizione associata ad un aumentato rischio di demenza.

La ricerca, pubblicata dal BMJ, “British Medical Journal”, ha studiato ben 1796 casi di Alzheimer tramite il confronto con un gruppo di controllo composto da 7184 persone, di pari età e in buona salute: gli autori americani, al termine del riscontro, hanno scoperto che i soggetti che hanno assunto benzodiazepine per periodi prolungati, ovvero per più di 3 mesi, avrebbero un rischio di sviluppare demenza che cresce del 51% rispetto a chi non le ha assunte. Inoltre, un altro importante articolo pubblicato recentemente sul JAMA, “Journal of the American Medical Association”, ha evidenziato i risultati di uno studio svolto su un campione di 303 assuntori cronici di benzodiazepine di età compresa fra 65 e 95 anni, che aveva l’obiettivo di educare i pazienti anziani nel difendersi dalla prescrizione inappropriata di benzodiazepine, rendendoli consapevoli dei rischi che l’utilizzo protratto di tali psicofarmaci comporta. La demenza, che colpisce ad oggi 36 milioni di persone nel mondo, risulta essere una patologia in continuo aumento: senza demonizzare questa rilevante categoria di farmaci, molto utili sia nella gestione dei disturbi d’ansia che dell’insonnia transitoria, l’AIFA sostiene in ogni caso che “nonostante siano di provata efficacia, le benzodiazepine possono comportare dei rischi, soprattutto se il loro utilizzo si protrae per lunghi periodi. L’uso a lungo termine può portare alla dipendenza e a sintomi di astinenza in caso di sospensione. Le benzodiazepine possono mettere in pericolo la cognizione, la mobilità, e l’abilità di guida nelle persone anziane, così come aumentare il rischio di cadute. Un recente studio ha anche riscontrato un’associazione tra l’uso di benzodiazepine negli anziani e aumento del rischio di malattia di Alzheimer.”

L’indagine, che ha messo in luce un rischio da non sottovalutare, incoraggia nei soggetti interessati l’adozione di comportamenti maturi e preventivi: infatti, per evitare l’abuso di psicofarmaci e per frenare il rischio di dipendenza, sarebbe opportuno valutare concretamente la reale esigenza del malato o dell’anziano, chiedendo aiuto e supporto ad uno psicologo, o seguendo le indicazioni del proprio medico curante.

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