Salute e benessere

Parkinson: studio sulla proteina alfa-sinucleina potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie

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23 Ottobre 2024

Una nuova speranza per chi convive con il Parkinson. Uno studio pubblicato sulla rivista “Brain” pone la proteina alfa-sinucleina al centro di un possibile trattamento per la malattia. La ricerca è frutto della collaborazione di un pool di Università, Irccs ed enti di ricerca italiani (Università di Perugia, Università di Milano, Università Cattolica di Roma, Cnr di Roma, Università di Roma Tor Vergata, Università San Raffaele Irccs  di Roma e Irccs Fondazione Santa Lucia). Il coordinamento è del professor Paolo Calabresi, ordinario di Neurologia presso l'Università Cattolica, campus di Roma e direttore della Neurologia Uoc della Fondazione Policlinico dell'Università Gemelli Irccs.

Nello studio, gli scienziati hanno analizzato come la proteina alfa-sinucleina anormale si organizza e interferisce con la comunicazione tra i neuroni, portando alla neurodegenerazione. "Per studiare questi aspetti è stato messo a punto un modello animale molto precoce e progressivo di malattia di Parkinson, causata dall’attività degli aggregati di alfa-sinucleina e in grado di riprodurre le fasi salienti della malattia osservata nei pazienti", spiega Calabresi. "Siamo riusciti così a individuare i meccanismi attraverso i quali l’alfa-sinucleina alterata determina le prime manifestazioni della malattia. La speranza è che questo possa portare a scoprire nuove strategie terapeutiche, quali anticorpi monoclonali in grado di contrastare la diffusione delle proteine. Queste immunoterapie avrebbero lo scopo di ’insegnare’ al sistema immunitario a riconoscere precocemente l’alfa-sinucleina anomala, per distruggerla prima che arrechi un danno cellulare".

In sintesi, l'alfa-sinucleina rappresenta "un target farmacologico promettente, una nuova frontiera per la ricerca di una terapia (e potenzialmente di una cura) per la malattia di Parkinson, che non sia più solo basata su farmaci che alleviano i sintomi, ma su terapie in grado di ritardare o bloccare la progressione della malattia", sottolinea il neurologo.

Affinché la strategia abbia successo, tuttavia, la diagnosi precoce è essenziale. La soluzione può coinvolgere anche l'alfa-sinucleina, che è al centro di numerosi studi ed esperimenti per la ricerca di biomarcatori e può essere misurata nel sangue e nel liquido cerebrospinale. "Questo nuovo biomarcatore potrebbe consentire in futuro di diagnosticare la malattia in fase precoce e di intervenire con strategie di medicina di precisione. Non sorprende dunque che l’alfa-sinucleina sia stata soprannominata la proteina della speranza", conclude Calabresi.

Una nuova speranza per chi convive con il Parkinson. Uno studio pubblicato sulla rivista “Brain” pone la proteina alfa-sinucleina al centro di un possibile trattamento per la malattia. La ricerca è frutto della collaborazione di un pool di Università, Irccs ed enti di ricerca italiani (Università di Perugia, Università di Milano, Università Cattolica di Roma, Cnr di Roma, Università di Roma Tor Vergata, Università San Raffaele Irccs  di Roma e Irccs Fondazione Santa Lucia). Il coordinamento è del professor Paolo Calabresi, ordinario di Neurologia presso l'Università Cattolica, campus di Roma e direttore della Neurologia Uoc della Fondazione Policlinico dell'Università Gemelli Irccs.

Nello studio, gli scienziati hanno analizzato come la proteina alfa-sinucleina anormale si organizza e interferisce con la comunicazione tra i neuroni, portando alla neurodegenerazione. "Per studiare questi aspetti è stato messo a punto un modello animale molto precoce e progressivo di malattia di Parkinson, causata dall’attività degli aggregati di alfa-sinucleina e in grado di riprodurre le fasi salienti della malattia osservata nei pazienti", spiega Calabresi. "Siamo riusciti così a individuare i meccanismi attraverso i quali l’alfa-sinucleina alterata determina le prime manifestazioni della malattia. La speranza è che questo possa portare a scoprire nuove strategie terapeutiche, quali anticorpi monoclonali in grado di contrastare la diffusione delle proteine. Queste immunoterapie avrebbero lo scopo di ’insegnare’ al sistema immunitario a riconoscere precocemente l’alfa-sinucleina anomala, per distruggerla prima che arrechi un danno cellulare".

In sintesi, l'alfa-sinucleina rappresenta "un target farmacologico promettente, una nuova frontiera per la ricerca di una terapia (e potenzialmente di una cura) per la malattia di Parkinson, che non sia più solo basata su farmaci che alleviano i sintomi, ma su terapie in grado di ritardare o bloccare la progressione della malattia", sottolinea il neurologo.

Affinché la strategia abbia successo, tuttavia, la diagnosi precoce è essenziale. La soluzione può coinvolgere anche l'alfa-sinucleina, che è al centro di numerosi studi ed esperimenti per la ricerca di biomarcatori e può essere misurata nel sangue e nel liquido cerebrospinale. "Questo nuovo biomarcatore potrebbe consentire in futuro di diagnosticare la malattia in fase precoce e di intervenire con strategie di medicina di precisione. Non sorprende dunque che l’alfa-sinucleina sia stata soprannominata la proteina della speranza", conclude Calabresi.

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