Salute e benessere

Scoperta biomedica di giovane ricercatrice italiana potrebbe rivoluzionare la terapia dell'Alzheimer

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23 Ottobre 2024

Nuova scoperta biomedica sulla malattia di Alzheimer da parte di una giovane ricercatrice dell'Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore). Antonietta Vilella, insieme a un gruppo di ricercatori di Unimore, delle Università di Parma e di Padova, ha individuato un possibile fattore protettivo nella progressione della patologia tipica degli anziani.

Lo studio, pubblicato sulla rivista "Brain, Behavior, and Immunity", ricerca nuovi bersagli per la terapia dell'Alzheimer e si focalizza sul silenziamento dell'enzima PCSK9, coinvolto nel metabolismo del colesterolo. Tale intervento dimostra chiari effetti protettivi sulla progressione sia della neuropatologia sia dei deficit cognitivi in un modello animale affetto da Alzheimer. PCSK9 emerge quindi come un bersaglio di notevole interesse per le terapie "disease modifying" di questa malattia.

"L'associazione tra alterazioni lipidiche e Alzheimer - spiega Antonietta Vilella di Unimore - è confermata da diverse ricerche e studi clinici che evidenziano come i geni legati al metabolismo lipidico siano tra i principali fattori di rischio per l'insorgenza e lo sviluppo della malattia. Tra i lipidi, il colesterolo gioca un ruolo essenziale nel Sistema Nervoso Centrale, fondamentale per il mantenimento delle funzioni neuronali e gliali; alterazioni nel suo metabolismo causano stress ossidativo, neuroinfiammazione, modifiche sinaptiche e neuronali associate a un declino cognitivo. In questo contesto, il passaggio da associazioni epidemiologiche a meccanismi fisiopatologici definiti, come l'inibizione dell'enzima PCSK9, è cruciale per individuare bersagli specifici per possibili interventi terapeutici".

"I risultati di questo studio - aggiunge la professoressa Daniela Giuliani - forniscono le basi scientifiche per ulteriori ricerche farmacologiche, come la caratterizzazione e lo sviluppo di piccole molecole con attività inibitoria su PCSK9. Un progetto su questa tematica proposto dal nostro gruppo presso UniMORE in collaborazione con ricercatori di UniPR è stato giudicato meritevole di un finanziamento PRIN2022, partito a ottobre 2023.

"L'FDA americana, anche se non ancora l'EMA europea, ha approvato la prima terapia basata su anticorpi monoclonali che ritarda la progressione dell'Alzheimer. Questa terapia è molto costosa e gli effetti, per quanto incoraggianti, sembrano essere limitati. La ricerca di nuovi bersagli terapeutici per l'Alzheimer rimane quindi uno degli obiettivi più rilevanti della ricerca biomedica sulle malattie neurodegenerative dell'anziano", afferma il prof. Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore al quale le due ricercatrici fanno riferimento.

"Oltre alla rilevanza del risultato, vorrei sottolineare che il primo nome dell'articolo è una giovane ricercatrice del nostro Ateneo, Antonietta Vilella, già RTDa per 5 anni ed entrata in ruolo come RTDb in Fisiologia presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze nel mese di ottobre di quest'anno”, conclude il prof. Michele Zoli.

Antonietta Vilella spiega che "la malattia di Alzheimer si profila come una delle sfide centrali per la sanità e, in generale, per l'intera società nei paesi industrializzati, dove l'aspettativa di vita ha superato gli 80 anni. La risposta della ricerca biomedica deve avvenire a diversi livelli, partendo dall'identificazione di biomarcatori che consentano una diagnosi precoce prima dell'insorgere di danni cerebrali irreversibili fino allo sviluppo di terapie che ritardino o blocchino la progressione della malattia. Non è facile prevedere quali ipotesi terapeutiche si dimostreranno efficaci e sicure e quando diverranno disponibili. Approcci farmacologici classici e collaudati come quelli che stiamo indagando potrebbero portare a identificare molecole attive pronte per la sperimentazione clinica in tempi piuttosto rapidi". 
 


Nuova scoperta biomedica sulla malattia di Alzheimer da parte di una giovane ricercatrice dell'Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore). Antonietta Vilella, insieme a un gruppo di ricercatori di Unimore, delle Università di Parma e di Padova, ha individuato un possibile fattore protettivo nella progressione della patologia tipica degli anziani.

Lo studio, pubblicato sulla rivista "Brain, Behavior, and Immunity", ricerca nuovi bersagli per la terapia dell'Alzheimer e si focalizza sul silenziamento dell'enzima PCSK9, coinvolto nel metabolismo del colesterolo. Tale intervento dimostra chiari effetti protettivi sulla progressione sia della neuropatologia sia dei deficit cognitivi in un modello animale affetto da Alzheimer. PCSK9 emerge quindi come un bersaglio di notevole interesse per le terapie "disease modifying" di questa malattia.

"L'associazione tra alterazioni lipidiche e Alzheimer - spiega Antonietta Vilella di Unimore - è confermata da diverse ricerche e studi clinici che evidenziano come i geni legati al metabolismo lipidico siano tra i principali fattori di rischio per l'insorgenza e lo sviluppo della malattia. Tra i lipidi, il colesterolo gioca un ruolo essenziale nel Sistema Nervoso Centrale, fondamentale per il mantenimento delle funzioni neuronali e gliali; alterazioni nel suo metabolismo causano stress ossidativo, neuroinfiammazione, modifiche sinaptiche e neuronali associate a un declino cognitivo. In questo contesto, il passaggio da associazioni epidemiologiche a meccanismi fisiopatologici definiti, come l'inibizione dell'enzima PCSK9, è cruciale per individuare bersagli specifici per possibili interventi terapeutici".

"I risultati di questo studio - aggiunge la professoressa Daniela Giuliani - forniscono le basi scientifiche per ulteriori ricerche farmacologiche, come la caratterizzazione e lo sviluppo di piccole molecole con attività inibitoria su PCSK9. Un progetto su questa tematica proposto dal nostro gruppo presso UniMORE in collaborazione con ricercatori di UniPR è stato giudicato meritevole di un finanziamento PRIN2022, partito a ottobre 2023.

"L'FDA americana, anche se non ancora l'EMA europea, ha approvato la prima terapia basata su anticorpi monoclonali che ritarda la progressione dell'Alzheimer. Questa terapia è molto costosa e gli effetti, per quanto incoraggianti, sembrano essere limitati. La ricerca di nuovi bersagli terapeutici per l'Alzheimer rimane quindi uno degli obiettivi più rilevanti della ricerca biomedica sulle malattie neurodegenerative dell'anziano", afferma il prof. Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore al quale le due ricercatrici fanno riferimento.

"Oltre alla rilevanza del risultato, vorrei sottolineare che il primo nome dell'articolo è una giovane ricercatrice del nostro Ateneo, Antonietta Vilella, già RTDa per 5 anni ed entrata in ruolo come RTDb in Fisiologia presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze nel mese di ottobre di quest'anno”, conclude il prof. Michele Zoli.

Antonietta Vilella spiega che "la malattia di Alzheimer si profila come una delle sfide centrali per la sanità e, in generale, per l'intera società nei paesi industrializzati, dove l'aspettativa di vita ha superato gli 80 anni. La risposta della ricerca biomedica deve avvenire a diversi livelli, partendo dall'identificazione di biomarcatori che consentano una diagnosi precoce prima dell'insorgere di danni cerebrali irreversibili fino allo sviluppo di terapie che ritardino o blocchino la progressione della malattia. Non è facile prevedere quali ipotesi terapeutiche si dimostreranno efficaci e sicure e quando diverranno disponibili. Approcci farmacologici classici e collaudati come quelli che stiamo indagando potrebbero portare a identificare molecole attive pronte per la sperimentazione clinica in tempi piuttosto rapidi". 
 

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