Salute e benessere

Scoperta la chiave del condizionamento cerebrale nella malattia di Alzheimer

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23 Ottobre 2024

Un team di studiosi dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Padova e Pisa (Cnr-In) e del Dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli studi di Padova ha effettuato uno studio sulle modifiche dei segnali intracellulari nella malattia di Alzheimer, una patologia neurodegenerativa che ancora oggi non ha cura e che colpisce oltre 50 milioni di persone in tutto il mondo

La malattia di Alzheimer si manifesta con una progressiva atrofia cerebrale che porta alla perdita di memoria e problemi cognitivi e nella maggior parte dei casi si presenta in forma sporadica, mentre solo il 5% dei casi è familiare e causata da mutazioni genetiche ereditarie

La ricerca, descritta in dettaglio in un articolo pubblicato su Nature Communications, si è avvalsa di modelli murini che conservano alcune delle caratteristiche tipiche delle forme ereditarie della malattia. “Sappiamo che gli animali che presentano questo tipo di mutazioni genetiche manifestano difetti di memoria”, spiega la ricercatrice del Cnr-In e autrice dello studio, Micaela Zonta.

“La ricerca fino ad oggi si è concentrata principalmente sulle disfunzioni a carico dei neuroni, ma numerosi studi hanno evidenziato l’importanza degli astrociti, cellule che interagiscono in maniera continua e dinamica con i neuroni per un corretto funzionamento del cervello. Nel nostro progetto abbiamo rilevato una riduzione dell’attivazione degli astrociti nella corteccia cerebrale deputata alla ricezione degli stimoli sensoriali: questo difetto degli astrociti compromette la plasticità sinaptica neuronale, un fenomeno che è alla base dei processi di memoria e apprendimento. Abbiamo quindi esplorato la capacità di memoria sensoriale in questi animali, rivelando che non sono in grado di mantenere memoria del riconoscimento di un oggetto percepito con l’esplorazione tattile”, aggiunge. 

Gli scienziati hanno studiato il meccanismo alla base della riduzione del segnale degli astrociti nella malattia di Alzheimer e hanno dimostrato che questo problema è causato dalla diminuzione di una proteina specifica. “Abbiamo indotto la produzione della proteina STIM1 negli astrociti, ottenendo la completa riattivazione del loro segnale e il recupero della plasticità sinaptica. Questo risultato è importante perché propone un nuovo meccanismo su cui poter agire per contrastare la progressione dei sintomi cognitivi. Nelle patologie del sistema nervoso, porre l’attenzione su tutte le cellule cerebrali con un approccio integrato potrà portare allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche e all’identificazione di nuovi potenziali biomarcatori, allo scopo di ottenere una diagnosi precoce che consenta di intervenire nei primi stadi della malattia”, conclude Zonta.


Un team di studiosi dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Padova e Pisa (Cnr-In) e del Dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli studi di Padova ha effettuato uno studio sulle modifiche dei segnali intracellulari nella malattia di Alzheimer, una patologia neurodegenerativa che ancora oggi non ha cura e che colpisce oltre 50 milioni di persone in tutto il mondo

La malattia di Alzheimer si manifesta con una progressiva atrofia cerebrale che porta alla perdita di memoria e problemi cognitivi e nella maggior parte dei casi si presenta in forma sporadica, mentre solo il 5% dei casi è familiare e causata da mutazioni genetiche ereditarie

La ricerca, descritta in dettaglio in un articolo pubblicato su Nature Communications, si è avvalsa di modelli murini che conservano alcune delle caratteristiche tipiche delle forme ereditarie della malattia. “Sappiamo che gli animali che presentano questo tipo di mutazioni genetiche manifestano difetti di memoria”, spiega la ricercatrice del Cnr-In e autrice dello studio, Micaela Zonta.

“La ricerca fino ad oggi si è concentrata principalmente sulle disfunzioni a carico dei neuroni, ma numerosi studi hanno evidenziato l’importanza degli astrociti, cellule che interagiscono in maniera continua e dinamica con i neuroni per un corretto funzionamento del cervello. Nel nostro progetto abbiamo rilevato una riduzione dell’attivazione degli astrociti nella corteccia cerebrale deputata alla ricezione degli stimoli sensoriali: questo difetto degli astrociti compromette la plasticità sinaptica neuronale, un fenomeno che è alla base dei processi di memoria e apprendimento. Abbiamo quindi esplorato la capacità di memoria sensoriale in questi animali, rivelando che non sono in grado di mantenere memoria del riconoscimento di un oggetto percepito con l’esplorazione tattile”, aggiunge. 

Gli scienziati hanno studiato il meccanismo alla base della riduzione del segnale degli astrociti nella malattia di Alzheimer e hanno dimostrato che questo problema è causato dalla diminuzione di una proteina specifica. “Abbiamo indotto la produzione della proteina STIM1 negli astrociti, ottenendo la completa riattivazione del loro segnale e il recupero della plasticità sinaptica. Questo risultato è importante perché propone un nuovo meccanismo su cui poter agire per contrastare la progressione dei sintomi cognitivi. Nelle patologie del sistema nervoso, porre l’attenzione su tutte le cellule cerebrali con un approccio integrato potrà portare allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche e all’identificazione di nuovi potenziali biomarcatori, allo scopo di ottenere una diagnosi precoce che consenta di intervenire nei primi stadi della malattia”, conclude Zonta.

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