Salute e benessere

Un nuovo studio mira alla diagnosi precoce del Parkinson attraverso un semplice test salivare

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25 Ottobre 2024

Diagnosticare precocemente il Parkinson utilizzando, a questo scopo, un semplice test della saliva. Questa è la proposta del progetto SEMISOFT -A web-platform interfaced software for spectroscopic molecular characterization with application to the diagnosis of Parkinson's disease - che è appena entrato nella seconda fase della ricerca, coordinata dal professore di chimica teorica all'Università Statale di Milano, Michelle Ceotto. Per sviluppare la ricerca il professore ha ottenuto un finanziamento ERC Proof of Concept, a cui collabora il Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica (Labion) dell'IRCCS “Don Gnocchi” di Milano.

Già due anni fa il Labion aveva sviluppato una tecnologia altamente innovativa attraverso cui cui, da un campione di saliva, si ricavava una “firma molecolare” individuale (mediante spettroscopia Raman), che permetteva di riconoscere i pazienti affetti da SLA. La prospettiva è che, dallo stesso processo, sia anche possibile riconoscere i pazienti con Alzheimer e Parkinson. “È una sorta di grafico con dei picchi, che dà l’impronta digitale di quel che contiene il campione biologico. Se usiamo questa firma come biomarcatore e mettiamo a confronto i vari spettri, di soggetti sani e di persone con una diagnosi, abbiamo visto che esistono differenze statisticamente significative”, ha spiegato all'epoca la direttrice del Laboratorio, Marzia Bedoni.

Insieme al suo gruppo di ricerca, la dottoressa Bedoni ha lavorato per anni per scoprire come ottenere biomarcatori innovativi e accessibili per la diagnosi precoce e il monitoraggio delle malattie neurodegenerative. La spettroscopia Raman si basa sull'uso della luce laser per analizzare la composizione chimica di campioni complessi e il suo utilizzo basato su campioni di saliva ha portato a risultati promettenti utilizzati anche per la diagnosi di Covid-19.
In due anni, la ricerca è ulteriormente avanzata. “Siamo andati avanti su questa strada e per Alzheimer, Sla, Parkinson abbiamo visto che attraverso la saliva è possibile non solo fare una diagnosi ma distinguere tra varie patologie, fare cioè una diagnosi differenziale. Un anno fa siamo stati contattati dal gruppo del professor Ceotto, dell'Università Statale di Milano e abbiamo iniziato a lavorare insieme: noi sulla parte sperimentale, analizzando le salive dei nostri pazienti con Parkinson già diagnosticato, per individuare un biomarcatore che permettesse la diagnosi precoce dalla saliva. Ci siamo concentrati su una proteina, l'alfa-sinucleina che ha, semplificando, una forma ‘sana’ e una forma ‘malata’”, spiega la dottoressa Bedoni. 

Il gruppo del professor Ceotto, a sua volta, entra nella parte dell'esperimento in cui un'intelligenza artificiale viene applicata ai dati, simulando computazionalmente una sorta di "maschera teorica" dell'alfa-sinucleina che sarà confrontata, al Labion, con le "firme molecolari" delle salive raccolte dai malati di Parkinson e del campione di controllo sano. “Noi vediamo se c’è o meno sovrapposizione tra il campione e il modello simulato. L’obiettivo è arrivare a una piattaforma computazionale che in maniera autonoma e quindi più rapida sia in grado di individuare questa proteina alterata nella saliva, permettendo una diagnosi precoce”.

Attualmente, è possibile diagnosticare il Parkinson soltanto dopo la comparsa di numerosi sintomi, quando il trattamento diventerebbe meno efficace. L'idea di una diagnosi precoce, anche in assenza di sintomi, sarebbe un differenziale nel trattamento e, di conseguenza, nella vita del paziente. “È un discorso simile a quello dei marcatori tumorali, se hai individuato il marcatore, anche se il paziente non ha sintomi puoi presumere che li avrà a breve. Questa diagnosi predittiva permette un intervento farmacologico tempestivo per fermare la progressione della malattia e insieme l'avvio precoce di un intervento clinico-riabilitativo”, conclude la dottoressa. 

Diagnosticare precocemente il Parkinson utilizzando, a questo scopo, un semplice test della saliva. Questa è la proposta del progetto SEMISOFT -A web-platform interfaced software for spectroscopic molecular characterization with application to the diagnosis of Parkinson's disease - che è appena entrato nella seconda fase della ricerca, coordinata dal professore di chimica teorica all'Università Statale di Milano, Michelle Ceotto. Per sviluppare la ricerca il professore ha ottenuto un finanziamento ERC Proof of Concept, a cui collabora il Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica (Labion) dell'IRCCS “Don Gnocchi” di Milano.

Già due anni fa il Labion aveva sviluppato una tecnologia altamente innovativa attraverso cui cui, da un campione di saliva, si ricavava una “firma molecolare” individuale (mediante spettroscopia Raman), che permetteva di riconoscere i pazienti affetti da SLA. La prospettiva è che, dallo stesso processo, sia anche possibile riconoscere i pazienti con Alzheimer e Parkinson. “È una sorta di grafico con dei picchi, che dà l’impronta digitale di quel che contiene il campione biologico. Se usiamo questa firma come biomarcatore e mettiamo a confronto i vari spettri, di soggetti sani e di persone con una diagnosi, abbiamo visto che esistono differenze statisticamente significative”, ha spiegato all'epoca la direttrice del Laboratorio, Marzia Bedoni.

Insieme al suo gruppo di ricerca, la dottoressa Bedoni ha lavorato per anni per scoprire come ottenere biomarcatori innovativi e accessibili per la diagnosi precoce e il monitoraggio delle malattie neurodegenerative. La spettroscopia Raman si basa sull'uso della luce laser per analizzare la composizione chimica di campioni complessi e il suo utilizzo basato su campioni di saliva ha portato a risultati promettenti utilizzati anche per la diagnosi di Covid-19.
In due anni, la ricerca è ulteriormente avanzata. “Siamo andati avanti su questa strada e per Alzheimer, Sla, Parkinson abbiamo visto che attraverso la saliva è possibile non solo fare una diagnosi ma distinguere tra varie patologie, fare cioè una diagnosi differenziale. Un anno fa siamo stati contattati dal gruppo del professor Ceotto, dell'Università Statale di Milano e abbiamo iniziato a lavorare insieme: noi sulla parte sperimentale, analizzando le salive dei nostri pazienti con Parkinson già diagnosticato, per individuare un biomarcatore che permettesse la diagnosi precoce dalla saliva. Ci siamo concentrati su una proteina, l'alfa-sinucleina che ha, semplificando, una forma ‘sana’ e una forma ‘malata’”, spiega la dottoressa Bedoni. 

Il gruppo del professor Ceotto, a sua volta, entra nella parte dell'esperimento in cui un'intelligenza artificiale viene applicata ai dati, simulando computazionalmente una sorta di "maschera teorica" dell'alfa-sinucleina che sarà confrontata, al Labion, con le "firme molecolari" delle salive raccolte dai malati di Parkinson e del campione di controllo sano. “Noi vediamo se c’è o meno sovrapposizione tra il campione e il modello simulato. L’obiettivo è arrivare a una piattaforma computazionale che in maniera autonoma e quindi più rapida sia in grado di individuare questa proteina alterata nella saliva, permettendo una diagnosi precoce”.

Attualmente, è possibile diagnosticare il Parkinson soltanto dopo la comparsa di numerosi sintomi, quando il trattamento diventerebbe meno efficace. L'idea di una diagnosi precoce, anche in assenza di sintomi, sarebbe un differenziale nel trattamento e, di conseguenza, nella vita del paziente. “È un discorso simile a quello dei marcatori tumorali, se hai individuato il marcatore, anche se il paziente non ha sintomi puoi presumere che li avrà a breve. Questa diagnosi predittiva permette un intervento farmacologico tempestivo per fermare la progressione della malattia e insieme l'avvio precoce di un intervento clinico-riabilitativo”, conclude la dottoressa. 

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